Il Topic Serio DellOff-Topic

Per gli Intellettuali

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  1. Ciapapa
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    A chissà quando

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    Immanuel Kant (Königsberg, 22 aprile 1724 – Königsberg, 12 febbraio 1804) è stato un filosofo tedesco. Fu uno dei più importanti esponenti dell'illuminismo tedesco, e anticipatore - nella fase finale della sua speculazione - degli elementi fondanti della filosofia idealistica.
    Uno dei principali contributi della dottrina kantiana è l'aver superato la metafisica dogmatica operando una rivoluzione filosofica tramite una critica della ragione che determina le condizioni e i limiti delle capacità conoscitive dell'uomo nell'ambito teoretico, pratico ed estetico.
    La Critica della ragion pura, pubblicata nel 1781, definisce il metodo del filosofare a cui Kant si atterrà anche nelle due opere successive (Critica della ragion pratica e Critica del giudizio), come pure in altri lavori posteriori. La sua attività di pensatore riguarda prevalentemente la gnoseologia, l'etica e l'arte, ma ebbe in gioventù anche interessi scientifici, che coltivò sino al 1760.
    L'ipotesi cosmogonica della nebulosa primitiva, esposta nel 1755 nella Storia universale della natura e teoria del cielo (che egli desunse da Buffon), ebbe molta fortuna e gli diede fama anche nel campo dell'astronomia. Essa fu enunciata proprio da Laplace che la rielaborò e la rilanciò nel 1796 in Esposizione del sistema del mondo.

    Gran parte della sua biografia è conosciuta attraverso l'epistolario, da cui traspare un resoconto asciutto dei rapporti con gli studenti, i colleghi, gli amici e i parenti, nonché interessanti dettagli sui rapporti intercorsi tra lui e alcune importanti personalità del secolo e sulle prime reazioni ottenute dal pensiero kantiano[2]. In tale epistolario, però, mancano riferimenti a particolari stati d'animo[3]. Importanti sono anche le prime biografie a lui dedicate, quali quelle di Ludwig Ernst Borowski[4], di Reinhold Bernhard Jachmann[5], di Ehregott Andreas Wasianski[6], di Johann Gottfried Hasse[7] e di Friedrich Theodor Rink[8], tutte del 1804 e a opera di persone che ebbero modo di conoscerlo personalmente e di frequentarlo anche in qualità di collaboratori.[2] Pure, l'epistolario di Kant contiene lettere non precedenti il 1770, quando il filosofo era già maturo negli anni, mentre le biografie menzionate lo ritraggono soprattutto a partire dalle esperienze che gli autori ebbero di Kant quando egli era sul finire della vita, per cui questo repertorio biografico rischia di produrre un ritratto sbilanciato verso la rigidità tipica dell'età senile, quando invece in generale Kant fu personaggio "socievole e, nel suo stile di vita, addirittura galante"[9].
    Le origini e l'infanzia

    Kant nacque nel 1724 nella periferia di Königsberg, allora capitale della Prussia Orientale e oggi, con il nome di Kaliningrad, capoluogo dell'omonimo Oblast, exclave russa tra Polonia e Lituania. Era quarto di undici figli (o nove, secondo altri[9]), dei quali solo cinque raggiunsero l'età adulta.[10]

    Nello stesso anno in cui nacque Kant, la città venne unificata a partire dai conglomerati di Altstadt, Löbenicht e Kneiphof. A Königsberg si affacciavano numerosi commercianti inglesi, che scambiavano articoli russi (cereali e bestiame) con vino e spezie. Kant riteneva che il nonno paterno fosse un immigrato scozzese, supposizione che non è possibile confermare: il bisnonno Richard era del Kurland, anche se due sue figlie erano effettivamente sposate con scozzesi[9]. Il padre di Immanuel, Johann Georg Kant (1682-1746), era un sellaio originario di Memel, al tempo la città prussiana più settentrionale (oggi Klaipėda, in Lituania); la madre, Anna Regina Reuter (1697-1737), proveniente da una famiglia originaria di Norimberga e Tubinga, era una seguace del pietismo. Kant condivise dunque con molti illuministi tedeschi origini povere[9].

    In età infantile frequentò la scuola dell'ospizio suburbano.
    Al Collegium Fridericianum e all'università
    L'Università Albertina di Königsberg, dove insegnò Kant

    L'educazione religiosa impartitagli dalla madre continuò anche nel Collegium Fridericianum, che Kant frequentò a partire dall'età di otto anni e il cui direttore era da poco diventato Franz Albert Schultz (1692-1763). Costui era allievo di Christian Wolff e importante esponente del pietismo, nonché professore di teologia: soccorse finanziariamente, così come fecero altri amici di Kant, gli studi dell'indigente ragazzo.[11]

    Al Collegio, indicato dalla gente di Königsberg come un "rifugio di Pietisti", aveva larghissimo spazio un rigoroso catechismo: Kant vi studiò molto il latino, l'ebraico (dall'Antico Testamento), poco il greco antico (limitato al Nuovo Testamento) e quasi per nulla le materie scientifiche.[12][13] Kant ricorderà il Fridericianum come una "schiavitù giovanile", e anche avanti negli anni vi penserà con "paura e angoscia"[13].

    Nel 1737 muore la madre: Kant, tredicenne, la consegnò alla tomba il 23 dicembre[13].

    Nel 1740, Kant, secondo miglior allievo della classe, uscì dal Collegio per intraprendere studi filosofici, di teologia, di letteratura latina e di matematica all'Università di Königsberg, la cosiddetta Albertina, dove fu allievo di Martin Knutzen (1713-1751), docente di logica e metafisica, egli stesso allievo di Wolff. Kant spese sei anni all'Albertina: l'interesse per Newton, scomparso nel 1727, ma anche per le scienze in generale, si manifestò proprio in questo periodo: grazie all'estro di Knutzen, Kant si legò alla fisica di Newton, che diventò per lui un modello di scienza esatta.[13]

    Nel 1746 morì il padre e Kant lasciò l'Albertina, procurandosi da vivere come maestro di casa, inizialmente presso il predicatore Andresch, poi presso il maggiore von Hülsen all'incirca fino al 1753, infine presso il conte Keyserling.[14] È del 1746, pubblicato però tre anni dopo, il primo scritto, Pensieri sulla vera valutazione delle forze vive, nel quale Kant si soffermò sul problema del calcolo dell'energia cinetica dei corpi. È questa un'opera dalla forte e chiara impronta illuministica: possiamo infatti ritrovarvi le prime tracce del suo "sapere aude", con il quale demolisce l'autorità dei pensatori precedenti in nome di nuove scoperte sorrette dall'intelletto, con un chiaro rinvio a Francesco Bacone.
    La maturità

    Nel 1755 ottenne la licenza di magister, mansione che esercitò per quindici anni. Non aveva però ancora uno stipendio fisso, in quanto pagato direttamente dagli studenti, e ciò lo obbligava a lavorare molto; preparava meticolosamente le lezioni, dimostrandosi un buon insegnante, piacevole da ascoltare. Nel 1770 lavorò come vice-bibliotecario presso la Reale Biblioteca, stesso anno in cui pubblicò la Dissertazione (Principiorum primorum cognitionis metaphysicae nova delucidatio), testo grazie al quale riuscì a ottenere la cattedra di metafisica e logica all'Università di Königsberg[15], dove svolse la professione sino alla morte avvenuta nel 1804, compiendo con scrupolosità i suoi obblighi accademici anche quando, per debolezza senile, gli divennero estremamente gravosi. È in questi anni che scrisse le sue tre più grandi opere: la Critica della ragion pura, la Critica della ragion pratica e la Critica del giudizio. Herder, che fu suo allievo negli anni 1762-1774, ha lasciato questa immagine di lui:
    « Io ho avuto la felicità di conoscere un filosofo, che fu mio maestro. Nei suoi anni giovanili, egli aveva la gaia vivacità di un giovane, e questa, credo, non lo abbandonò neppure nella tarda vecchiaia. La sua fronte aperta, costruita per il pensiero, era la sede di una imperturbabile serenità e gioia; il discorso più ricco di pensiero fluiva dalle sue labbra; aveva sempre pronto lo scherzo, l'arguzia e l'umorismo, e la sua lezione erudita aveva l'andamento più divertente. Con lo stesso spirito col quale esaminava Leibniz, Wolff, Baumgarten, Crusius, Hume, e seguiva le leggi naturali scoperte da Newton, da Keplero e dai fisici, accoglieva anche gli scritti allora apparsi di Rousseau, il suo Emilio e la sua Eloisa, come ogni altra scoperta naturale che venisse a conoscere: valorizzava tutto e tutto riconduceva a una conoscenza della natura e al valore morale degli uomini priva di pregiudizi. La storia degli uomini, dei popoli e della natura, la dottrina della natura, la matematica e l'esperienza, erano le sorgenti che avvivavano la sua lezione e la sua conversazione. Nulla che fosse degno di essere conosciuto gli era indifferente; nessuna cabala, nessuna sètta, nessun pregiudizio, nessun nome superbo, aveva per lui il minimo pregio di fronte all'incremento e al chiarimento della verità. Egli incoraggiava e costringeva dolcemente a pensare da sé; il dispotismo era estraneo al suo spirito. Quest'uomo, che io nomino con la massima gratitudine e venerazione, è Immanuel Kant: la sua immagine mi sta sempre dinanzi. »
    (Johann Gottfried Herder)


    La vita di Kant, priva di avvenimenti notevoli, fu dedicata interamente alle attività intellettive, a cui fece da cornice uno stile di vita regolare e abitudinario. La sua giornata cominciava alle cinque, subito dedicata al lavoro, e continuava con la colazione, poi una passeggiata, il riposo alle dieci. Non lasciò mai la sua città natale[16], neanche dopo la chiamata dell'Università di Halle che gli offriva uno stipendio più alto, un maggior numero di studenti e di conseguenza anche maggior prestigio. Era convinto che Königsberg fosse il posto ideale per i suoi studi.
    La censura

    L'unico fatto che uscì davvero fuori dai canoni di una vita completamente dedicata allo studio fu lo screzio che ebbe con il governo prussiano a seguito della seconda edizione, pubblicata nel 1794, dell'opera Religione nei limiti della semplice ragione, ma con l'incoronazione di Federico Guglielmo III la libertà di stampa venne ripristinata e Kant rivendicò la libertà di pensiero nel Conflitto delle facoltà, del 1798.
    La morte

    Morì nel 1804, dopo essere stato afflitto nell'ultimo decennio della sua vita da un decadimento delle funzioni cognitive ed altri disturbi che permette di ipotizzare fosse afflitto da Alzheimer o comunque un'altra malattia dementigena.[17], mormorando "Es ist gut" ("Va bene").

    Sulla sua tomba vi è un epitaffio che recita l'explicit della Critica della ragion pratica:
    (DE)
    « Zwei Dinge erfüllen das Gemüt mit immer neuer und zunehmender Bewunderung und Ehrfurcht, je öfter und anhaltender sich das Nachdenken damit beschäftigt: Der bestirnte Himmel über mir und das moralische Gesetz in mir. » (IT)
    « Due cose hanno soddisfatto la mia mente con nuova e crescente ammirazione e soggezione e hanno occupato persistentemente il mio pensiero: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me. »
    (Epitaffio sulla tomba di Immanuel Kant dalla Critica della ragion pratica[18])
    Le opere e il pensiero
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    Le fasi del pensiero kantiano

    La filosofia di Kant si può dividere in due grandi momenti: il periodo definito "precritico", che arriva fino alla "gran luce" del 1769, propedeutica alla pubblicazione della Dissertatio nel 1770 e il periodo cosiddetto "critico"[19], (dal 1771 al 1790) che comprende: la Critica della ragion pura (1781), la Critica della ragion pratica (1788) e la Critica del Giudizio (1790), precedute da una notevole serie di opere minori scritte in età giovanile.

    In seguito Kant si orientò sempre di più verso gli interessi teologici e di questo periodo sono due opere fondamentali del suo pensiero maturo: La religione nei limiti della semplice ragione, del 1793, e La metafisica dei costumi, del 1797. Segue nel 1798 L'antropologia dal punto di vista pragmatico e altre opere minori.

    Durante la fase pre-critica Kant mantiene un pensiero filosofico che oscilla fra il Razionalismo e l'Empirismo di Hume al quale Kant riconosce il merito di averlo svegliato dal "sonno dogmatico" quando "sognava" e credeva al dogma che la metafisica potesse offrire una vera conoscenza:
    « L'avvertimento di David Hume fu proprio quello che, molti anni or sono, primo mi svegliò dal sonno dogmatico e dette un tutt'altro indirizzo alle mie ricerche nel campo della filosofia speculativa »
    (Immanuel Kant, Prolegomeni ad ogni metafisica futura che vorrà presentarsi come scienza, 1783)

    Attraverso quella che definì una rivoluzione copernicana Kant aprirà una nuova era per la filosofia indirizzata a ricercare la verità abbandonando la metafisica puntando lo sguardo sulle cose terrene così come per conoscere la verità Copernico la ricercò non nel moto apparente dei cieli ma in quello reale della Terra.

    Nel 1770 pubblica infatti la dissertazione De mundi sensibilis atque intellegibilis forma et principiis, comunemente detta Dissertazione, che lascia intravedere i primi originali sviluppi della nuova filosofia critica kantiana. La Dissertazione segna pertanto una tappa fondamentale per lo sviluppo del suo pensiero, e può essere vista come una sorta di "trait d'union" tra la vecchia filosofia e la nuova filosofia critica che Kant delineerà compiutamente, ben dodici anni dopo, con la Critica della ragion pura nel 1781.
    La Critica della ragion pura
    Schema sui giudizi kantiani
    Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Critica della ragion pura.

    Il tema principale trattato da Kant nella Critica della ragion pura è quello della conoscenza e della correlazione sussistente tra metafisica e scienza. Gli interrogativi che si pone sono come siano possibili la matematica e la fisica in quanto scienze e la metafisica in quanto disposizione naturale e in quanto scienza.

    Il giudizio corrisponde per Kant all'unione di un predicato e un soggetto tramite una copula. Egli distingue quindi i giudizi analitici a priori, i giudizi sintetici a posteriori e i giudizi sintetici a priori.
    Il giudizio analitico a priori

    I giudizi analitici a priori sono tautologici perché affermano solamente ciò che è già noto e quindi non danno alcuna informazione aggiuntiva, sono però universali e necessari, ma non ampliano la conoscenza. L'esempio kantiano «Il triangolo ha tre angoli» è un giudizio analitico. Se io analizzo, scompongo il soggetto (triangolo) vedo che esso è costituito da diverse caratteristiche connesse col concetto stesso di triangolo: ha tre angoli, ha tre lati. Di queste caratteristiche, che conosco senza averne fatto esperienza (a priori), ne metto in evidenza una (ha tre angoli) nel predicato dove dunque non si dice niente di nuovo rispetto al soggetto. Un giudizio analitico può, semmai, aiutare a comprendere più facilmente i concetti impliciti contenuti in un soggetto ma non dà nuove informazioni e non ha un carattere produttivo; è però universale, vale per tutti gli uomini dotati di ragione, e necessario, una volta affermato non può più essere negato. Se dico che il triangolo ha tre angoli rimarrò fisso per sempre a quest'affermazione. Questo è il tipo di giudizio usato dai razionalisti.
    Il giudizio sintetico a posteriori

    Il giudizio sintetico accresce il mio conoscere, aggiungendo qualcosa di nuovo. Nel giudizio sintetico, così chiamato perché si può pronunciare in sintesi, in unione con l'esperienza, la connessione fra soggetto e predicato viene pensata "senza identità": il predicato contiene qualcosa di nuovo che non è compreso nel concetto del soggetto, come nell'esempio "alcuni corpi sono pesanti". Infatti alcuni corpi sono pesanti altri leggeri. Il fatto cioè che certi corpi siano leggeri non è compreso nel soggetto "corpi". L'elemento nuovo della "leggerezza" si potrà riscontrare solo dopo averne fatto esperienza.

    Si ricordi che l'esempio kantiano[20] si rifà ad Aristotele, per il quale alcuni corpi - terra e acqua - sono per natura pesanti, mentre altri - aria e fuoco - sono per loro natura leggeri.

    Il predicato, nel giudizio sintetico, è collegato al soggetto in forza dell'esperienza: i giudizi sintetici sono dunque a posteriori, si possono pronunciare solo dopo aver fatto esperienza e per questo essendo collegati alla sensibilità non hanno universalità e necessità ma sono estensivi della conoscenza. Questo è il tipo di giudizio usato dagli empiristi.
    Il giudizio sintetico a priori

    Il giudizio sintetico a priori è un giudizio che, pur ampliando la conoscenza, perché aggiunge qualcosa di nuovo nel predicato, che in questo caso non è implicito nel soggetto (come nei giudizi analitici), presenta i caratteri di universalità e necessità, perché non deriva dall'esperienza (infatti è a priori).

    L'esempio kantiano di 7 più 5 uguale 12 mostra come il predicato (dodici) non è compreso, come nei giudizi analitici, nel soggetto, ma c'è qualcosa di più: il rapporto di addizione che in 5 e in 7 presi di per sé non hanno. Dunque questo giudizio per un verso non dipende dall'esperienza, e quindi è necessario e universale, e per altro verso nel predicato dice qualcosa che non era contenuto nel soggetto e quindi è estensivo della conoscenza.

    La validità universale e la certezza che caratterizzano il giudizio sintetico a priori derivano infatti dalla possibilità dell'intelletto di «uscire a priori dal concetto», rivolgendosi all'intuizione pura attraverso la «guida» di un termine medio, cioè dello schema prodotto dall'immaginazione trascendentale. Quando cioè si passa da un concetto a un'intuizione per ottenere un giudizio sintetico a priori occorre stabilire un rapporto con la forma del senso esterno (forma pura spaziale) da parte del senso interno (forma pura temporale) autodeterminata intellettualmente attraverso l'identità dell'appercezione.

    I giudizi sintetici a priori sono i fondamenti su cui poggia la scienza poiché accrescono il sapere (in quanto sintetici), ma non necessitano di essere riconfermati ogni volta dall'esperienza perché universali e necessari. In questo caso Kant ha una posizione nettamente distinta da quella di Hume, in quanto il filosofo scozzese, essendo empirista, riterrebbe necessaria ogni volta una conferma giacché a suo parere non si sarebbe in grado di dire che le cose in futuro non potrebbero cambiare.
    La conoscenza umana

    Giunto a questo punto Kant stabilisce un nuovo sistema conoscitivo per determinare da dove arrivino i giudizi sintetici a priori, se questi non derivano dall'esperienza. Questa nuova teoria della conoscenza è una sintesi di materia (empirica) e forma (razionale e innata). La prima è “la molteplicità caotica e mutevole delle impressioni sensibili che provengono dall'esperienza”. La seconda invece è la legge che ordina la materia sensibile indipendentemente dalla sensibilità. In questo modo la realtà non modella la nostra mente su di sé, ma è la mente che modella la realtà attraverso le forme tramite cui la percepisce. La realtà come ci appare in base alle forme a priori è il fenomeno, mentre la realtà così com'è, è indipendente da noi ed è inconoscibile. Quest'ultima è detta noumeno.[21]

    Kant definisce quindi la conoscenza come ciò che scaturisce da tre facoltà: la sensibilità, l'intelletto e la ragione. La sensibilità è la facoltà con cui percepiamo i fenomeni e poggia su due forme a priori, lo spazio e il tempo. L'intelletto è invece la facoltà con cui pensiamo i dati sensibili tramite i concetti puri o categorie. La ragione è la facoltà attraverso la quale cerchiamo di spiegare la realtà oltre il limite dell'esperienza tramite le tre idee di anima, mondo e Dio, ossia rispettivamente, la totalità dei fenomeni interni, la totalità dei fenomeni esterni e l'unione delle due totalità. Su questa tripartizione del processo conoscitivo si articola la Critica della ragione pura suddivisa in dottrina degli elementi e dottrina del metodo. La prima si occupa di studiare le tre facoltà conoscitive tramite l'estetica trascendentale (sensibilità) e la logica trascendentale, a sua volta suddivisa in analitica (intelletto) e dialettica (ragione).
     
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